Campanile di Soleto di Ettore Bernich 1902 (Parte 4)

Santo Stefano-Santa Sofia Soleto interno. Affreschi. Foto archeomatica.it

Parte quarta

Dopo la torre comapanaria di S. Antonio sono degni di attenzione in Soleto e nei dintorni alcune chiesette, la maggior parte dirute, di vaga architettura romanico-pugliese. La meglio conservata è quella di S. Stefano (1347); ha una sola nave, che compresa l’abside misura m. 6.60 per m. 3.50. Le pareti sono affrescate; nell’abside vi è l’Eterno Padre con Gesù e gli Apostoli; nelle laterali il Giudizio universale e la Crocifissione di Nostro Signore, dove vedesi raffigurato, da un lato Raimondello Orsini, terzo dei conti di Soleto, che fece rifare queste pitture (1385), su altre più antiche di cui appaiono tracce. Gli affreschi, se non sono ben coloriti, hanno il merito di esser disegnati con una certa naturalezza, al contrario delle stecchite figure bizantinesche, che popolano le cripte eremitiche sparse in tanta copia in terra d’Otranto.

Il soffitto è a capriate apparenti, con visibili tracce di pitture. Semplice è il prospetto: un portale con timpano, e archivolto intagliato a sesto circolare, sostenuto una volta da colonnine; una bella finestra a rosa adorna di arabeschi; al di sopra, un arco trilobato che si innesta agli archetti rampanti, che, seguendo l’inclinazione del tetto, si risolve sul culmine in un grazioso campaniletto a cuspide, nel cui finestrato biforo eranvi collocate due campane.

Nei pressi di Soleto è la diruta cappella, una volta dedicata a S. Leonardo che aveva due absidi. Era di buona architettura del secolo XIV.

Soleto. Chiesa santa Lucia fine '800. Foto Barbieri.
Soleto. Chiesa santa Lucia fine ‘800. Foto Barbieri.

Di maggiore interesse è la chiesetta di S. Lucia, ora ridotta a cascinale. Ne rimane il prospetto, e parte del fianco meridionale. La muraglia è tutta di carparo, a massi regolari scompartiti a lesene ed archi semicircolari sagomati, motivo che troviamo ripetuto spesso negli edifici religiosi di terra d’Otranto. Molto grazioso è il portale, di cui resta integro l’arco e le ghiere che vagamente intagliate gli girano attorno, e i bellissimi capitelli, su sui posano due mutilati leoncini. Anche la porta del fianco è ammirevole. In questa architettura si sente più che non si vegga l’istessa origine da cui derivò il nostro bel campanile di Soleto.

Le relazioni e le affinità stilistiche fra questi monumenti, come in altri più antichi di questa provincia, sono così intime che mi convinsero che un’arte propria con carattere e sentimento del tutto regionale quivi prosperò dall’XI a tutto il XV secolo. Essa manifesta un’ellenica raffinatezza nell’esecuzione, e una distribuzione delle masse, il cui schema murale ripete su per giù l’origine sua lombarda. In questi edifici non si riscontra lo stile bizantino e tanto meno il gotico, come erroneamente asseriscono alcuni scrittori stranieri [10].

Il Principe di Taranto, come tutti i signori del suo tempo, aveva protetto le arti. Oltre il coro di Galatina e il campanile di Soleto si rammentano altri edifici elevati a sue spese. A Taranto fece costruire, dedicandola a San Antonio, una chiesetta che è stata demolita nei nostri giorni, e in quel Museo se ne conservano alcuni frammenti architettonici e lo stemma. A Bari elevò la torre di S. Antonio presso il porto che fu poi demolito nei tumulti seguiti alla sua morte, e uno degli archi di sostegno nella navata principale della basilica di S. Nicola, dove si vede tuttora inciso il suo nome sotto allo stemma. A Bitonto, fuori le mura, è la chiesa di S. Antonio sul cui prospetto si ooservano le armi di Maria d’Enghien e del figliuolo Giannantonio. Essa ha un coro pentagonale con vòlte ad ogiva, che, sebbene più modesto, ricorda quello di Galatina. Si era formata sotto la sua protezione una scuola di artisti dalla quale usci quel Nunzio Barba che rappresenta in queste regioni la transizione tra lo stile del Medioevo e quello del Rinascimento. Ma questi artisti dovettero disperdersi alla sua morte; certo non appartenevano alla loro schiera quelli che scolpirono per la chiesa di Galatina il sepolcro, in cui fu tumulato il Principe di Taranto, e il cenotaffio elevato più tardi in suo onore.

Il sepolcro trovasi addossato alla parete presso il presbiterio in cornu evangelii. Due colonnine sostengono l’urna sulla cui faccia anteriore è rilevata la figura giacente del Principe vestito da terziario francescano. Sopra è un’altra statua di Giovannantonio inginocchiato in atto di preghiera, e il tutto è ricoverto da un baldacchino di forma gotica. Questo sepolcro, che ultimamente venne colpito da un fulmine che ne rovinò il fastigio, ha pochissima importanza artistica.

Lo stesso motivo architettonico è ripetuto in più grandi proporzioni nel cenotaffio elevato nel coro; ma la forma è anche più trasandata. È in uno stile gotico, che si potrebbe chiamare barocco, tanto è sgarbato, ed accenna ad una precipitosa decadenza.

[10] C. Enlart, Les origines française de l’architecture gotique en Italie, Paris, 1896, p. 157, 162, 247, 283, 285.

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