di Cosimo De Giorgi (1883)
Prendiamo le mosse dai tempi primitivi. Sino a qualche anno addietro s’ignorava perfino l’esistenza dell’uomo primitivo – o come dicono preistorico – nel continente della penisola salentina. Le ricerche ne avevano rivelato la presenza (armi e utensili di selce, terre cotte, bronzi) soltanto nelle grotte littorane o a breve distanza dal mare. La parte centrale della Japigia era affatto inesplorata. A nuove ricerche nuove scoperte. Un’altra stazione è stata rinvenuta sull’altipiano di Soleto.
Nel 1874 il signor Raffaele Veris di Melpignano, mio carissimo discepolo ed oggi dottore in scienze agrarie, mi narrava che presso Soleto, in una spaccatura naturale del calcare compatto, era stata trovata una pentola di forma molto grossolana, a differenza dei vasi epicorii che si ricavano dai sepolcri della necropoli soletina. Questa pentola era molto pesante, a pareti grosse, con manico tozzo e senza alcuna eleganza; ed era formata di terra vegetale nerastra mescolata all’argilla, e quindi modellata a mano, non al tornio, e arrostita supercialmente al fuoco. Fu creduta, al solito, di nessun valore e fu distrutta dai contadini. Ciò valse a destare in me il desiderio di visitar quella contrada.
E mi vi recai di fatto una prima volta nell’ottobre del 1876 e poi nel maggio del 1879. Uscendo dalla porta S. Vito si trova uno spiazzo, denominato Cupone, dal quale partono le due vie carrozzabili dirette una a Martano, l’altra a Sternatia. Intermedie a queste ve ne sono altre due che menano alla campagna. Nei fondi attigui a queste vie e per l’estensione di un chilometro quadrato, nei giardini e nei frutteti, incontrai a fiori di terra i manufatti litici dei nostri popoli primitivi. Le contrade più fruttifere furono il Trappeto Sambati, i fondi Cava grande e Colotta, e più di tutti, quelli denominati S. Giorgio ed Ampèli lungo la via che mena a Martano.
Da queste contrade derivano alcuni cimelii raccolti dai contadini lavorando la terra, e in gran parte dispersi; alcuni trovansi nel Museo paletnologico di Lecce ed altri nella mia collezione privata. Tra le selci raccolsi due cuspidi silicee, due raschiatoj, molti frammenti di coltellini, coperti della solita patina caratteristica e lavorati a fini ritocchi; più, moltissime schegge di rifiuto e qualche nucleo. A canto alle selci le terre cotte, cioè una fusajola del diametro di quarantasette millimetri e della grossezza di undici millimetri, ed alcune anse di manichi modellati con argilla nerastra mescolata a calcare compatto polverizzato. Tanto le selci che le terre cotte sono da riferirsi all’età neolitica e sono quindi contemporanee a quelle di Ostuni, di Arnesano, di Leuca, di Taviano e del Brindisino. Le terre cotte messapiche e romane che qui sono seminate sul terreno, sono d’un tipo diversissimo.
E qui aggiungerò che esiste, a parer mio, un rapporto intimo tra questi cimelii silicei ed altri monumenti antichissimi – specchie, menhir, dolmen, ecc. – che s’incontrano nel tratto compreso tra la linea Lecce – Soleto – Leuca e il mare Adriatico. Formerà argomento di altro mio lavoro. Sarebbe anche da ricercarsi se e quali relazioni commerciali esistessero fra i popoli primitivi di questa provincia con quelli del resto d’Italia. Ma l’indole, punto scientifica, di questo libro non mi permette di andare più oltre, e dove c’è molto bujo conviene andare a tentoni.
Né vogliamo che altri rivolga a noi il rimprovero, che spesso muoviamo agli altri, di fabbricar dei castelli su fili di ragno!
da Provincia di Lecce Bozzetti – 1883