Il Parco del Mago: un Paradiso da difendere

Parco del mago un paradiso da difendereProposta realizzanda volta alla nascita di un

Parco di Comunità Territoriale-Paesaggistico e dei Saperi

Parco del Mago lu levitu

attuando la migliore e virtuosa filosofia amministrativa

Qui di seguito vi è sintetizzata la Road Map della azione amministrativa virtuosa a cui ciascun ente, e ovviamente ciascun cittadino, che ha a cuore la tutela del Bene Comune di tale area e del Salento potrà attivamente fare riferimento e mettere in pratica:

  1. Stop al Consumo di Territorio
  2. Decementificazione Deasfaltizzazione
  3. Recupero e restauro del territorio naturale, rurale e degli elementi storico architettonici quali pilastri imprescindibili costituenti l’identità culturale di comunità
  4. Rimboschimento
  5. Rinaturalizzazione
  6. Disinquinamento luminoso
  7. Tutela del Bene Comune Acqua sia in superficie che in falda
  8. Restauro storico-naturale del paesaggio nel rispetto del Genius Loci del territorio, restauro-ricostruzione dei beni culturali danneggiati, trafugati, distrutti di cui si abbia testimonianza e documentazione, tanto nelle aree urbane quanto in quelle rurali
  9. Ispirazione a questo Genius loci per ogni intervento
  10. Bonifica dagli inquinanti
  11. Ciclo Rifiuti Zero
  12. Agricoltura incentrata sulle filosofie del biologico, un’agricoltura ovunque della salubrità
  13. Recupero e tutela della biodiversità naturale e agro-pastorale
  14. Conoscenza partecipata del territorio
  15. Tutela dei Beni Comuni
  16. Rinnovabili davvero eco-sostenibili ovvero quelle che non danneggiano il paesaggio né impoveriscono l’agricoltura come i pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici recenti.

 

Motivazioni

Nel territorio salentino, già di per sé meritevole nel suo complesso di essere riconosciuto come unico grande Parco Nazionale, in questi ultimi anni grazie all’azione di pungolo e propulsiva di molti cittadini più virtuosi, e in particolare dei giovani, abbiamo assistito e stiamo assistendo ad importanti esperienze volte alla nascita di parchi territoriali che unificano territori dalle caratteristiche peculiari (ad esempio il Parco Naturale dei Paduli Foresta Belvedere nel cuore del Salento, il Parco Costiero Otranto Santa Maria di Leuca Bosco di Tricase, etc.) che sono diventati un importante veicolo non solo di promozione del territorio, ma anche di sua riscoperta e per lo sviluppo di tutta una serie di progetti (di rinaturalizzazione, restauro paesaggistico, recupero di antiche produzioni agro-silvo-pastorali tipiche e di pregio, bonifica dagli inquinanti, decementificazione, etc. etc.) che hanno permesso anche, da un lato, nuovi approfondimenti scientifici universitari, in collaborazione con le università sia pugliesi che nazionali e internazionali, dall’altro anche l’innesco di nuove importanti economie innovative recuperando e affiancando le economie tradizionali, consolidandole e rendendole portanti e creando realtà di valore non secondario che hanno permesso e visto un ritorno dei giovani nel loro territorio con un effetto congiunto e propulsivo legato ad un aumento della bellezza del paesaggio, della salubrità dei luoghi e degli habitat col ripristino degli ecosistemi originari di cui oggi, come in passato, possono goderne tutti.

Il nostro territorio, oggi in questione, ha, forse, rispetto alle altre esperienze di parco citate un ulteriore e comprovato valore aggiunto che impone un più forte imperativo categorico e impegno morale all’azione, rappresentato dall’importantissima presenza viva della lingua e cultura greco-bizantina. Questo territorio, infatti, è ben noto a salentini e visitatori per la bellezza dei nostri borghi storici e per la cultura millenaria in essi espressa, valori di bellezza e preziosità che hanno non poche difficoltà nel coniugarsi con i meravigliosi territori extra moenia purtroppo per elementi dissonanti e talvolta fortemente decontestualizzanti con cui cozzano e stridono fortemente. Una di queste presenze è rappresentata dall’arteria stradale SP 367 nota come “scorrimento veloce”, una lunga lingua d’asfalto spropositata, sgraziata una vera e propria ferita costruita negli anni ’80 con l’intenzione di creare una grande arteria stradale, ma che per anni è stata solo un’incompiuta e che oggi risulta solo un ridondante e sgodevole percorso alternativo alla SS 16 che porta da Maglie a Lecce. Strada provinciale che nei fatti è una delle due grandi strade che attraversano da nord a sud la micro regione nota dal punto di vista culturale quale Grecìa Salentina.

Se da un lato il progetto della Grecìa Salentina ha avuto il merito di innescare un processo di riscoperta dei Beni Culturali immateriali la lingua (il grico e il dialetto romanzo) come anche la musica, i canti, le fiabe e più in generale le tradizioni popolari, financo l’artigianato tipico e la cultura eno-gastronomica e culinaria, oggi divenuto modello sprone culturale, tra i più importanti e significativi, che dalla Grecìa Salentina si è poi rapidamente esteso a tutto il Salento e oltre, dall’altro lato l’esperienza dei parchi naturali e paesaggistici (Paduli, Otranto Santa Maria di Leuca, etc.) stanno nei fatti insegnando il recupero dei beni materiali, culturali ma soprattutto ambientali, naturali e delle tradizioni rurali, espressi nei secoli dai territori e intrinsecamente legati nei territori, d’altro canto anche le esperienze degli anni ’80 e ’90 di recupero e restauro dei centri storici come quelli di Otranto e di Lecce, sono stati esempi pionieri nell’identificare e recuperare la bellezza artistica e architettonica in anni di abbandono riportata a nuova vita, e, così facendo, hanno permesso di comprendere a tutti gli altri comuni salentini le eccellenti potenzialità custodite e rappresentate dai complessi architettonici storici in cui per secoli si è svolta la vita caratterizzando in modo inconfondibile i nostri borghi, indicando l’essenza della filosofia ispiratrice del restauro nel principio conservativo e ricostruttivo del “dov’era e com’era”.

Oggi accanto a queste eccellenti e importanti esperienze di recupero materiale e immateriale di importantissimi Beni culturali e architettonici vi è all’orizzonte la grande sfida del recupero rurale e naturalistico rappresentato dai parchi paesaggistici che hanno il grande merito di accendere anche un focus sull’importanza e fulcro dell’azione amministrativa pubblica virtuosa e di seguito quella privata per il miglioramento estetico in biodiversità e chimico fisico delle aree rurali come anche delle periferie urbane.

Che tali luoghi siano luoghi importanti e strategici per tutto il Salento è dimostrato dal fatto che proprio in territori all’apparenza siccitosi si custodisca nelle loro profondità un Bene di primaria importanza e irrinunciabile per la Vita, l’acqua. Come in uno scrigno la roccia calcarea nasconde e protegge il più grande giacimento idrico naturale di acqua dolce potabile del Salento, l’importante presenza è testimoniata in superficie dall’imponente torre cisterna, la più grande per capacità che si conta in Europa, dove si contengono le acque derivate dall’emungimento di pozzi e posizionata nel punto più alto del crinale sulle serre di Corigliano d’Otranto, da qui l’acquedotto pugliese preleva e distribuisce l’imponente mole di acqua potabile che sgorga dai rubinetti dell’80% dei cittadini del Salento.

La presenza dell’acqua in questi luoghi è garantita proprio dalle peculiarità delle rocce ivi presenti, i calcari, che tramite fratture nel banco roccioso, doline, inghiottitoi carsici (vore e ventalore) tipiche del carsismo salentino permettono la circuitazione delle acque, per lo più meteoriche, essenziali per il ripascimento del giacimento idrico della falda di profondità. Ad ogni pioggia l’acqua viene facilmente assorbita dai terreni fortemente permeabili, grazie a fessurazioni che dalla superficie si diramano in profondità portando il prezioso liquido verso il sottosuolo alimentando così il corpo idrico di profondità e garantendone il naturale dinamismo.

Ma da qui, da ciò che vi è in superficie dalla qualità e salute dell’habitat di superficie, si determina la qualità, o meno, delle acque di profondità perché l’acqua è un liquido facilmente condizionabile e vulnerabile dagli elementi che trova sul suo cammino, inquinanti e contaminanti compresi, e proprio per garantirne la massima tutela nella sua gestione e nella sua salubrità la Regione Puglia ha avuto curo di dotarsi del Piano di Tutela delle Acque per preservare questo delicatissimo e essenziale elemento.

Già solo questa preziosissima presenza è più che sufficiente per essere definita tale area un territorio di pregio e fortunato, e proprio tale importante e delicatissima presenza impone un’attenzione massima e una presa d’atto responsabile nel verso della sua massima tutela.

La nascita di questo importante parco naturale e paesaggistico nel cuore del basso Salento con tali elementi peculiari si affianca a quello sempre nel cuore del basso Salento Parco dei Paduli Foresta Belvedere, e se quest’ultimo si caratterizza, (così come recita anche il nome paduli = palude), per la presenza di vaste aree a suoli poco permeabili, il comprensorio del Parco del Mago e de lu Levitu si connota invece per la maggiore estensione di suoli permeabili, prati rocciosi in superficie e rocce carsiche nel sottosuolo, strettamente legati al ciclo dell’acqua destinata all’uso domestico umano e la cui integrità è direttamente connessa, data la natura geologica carsica del suolo del territorio, all’incontaminazione della superficie, incontaminazione che passa imprescindibilmente da tutte quelle buone pratiche eco-naturalistiche e agro-ecologiche su cui si fonda la filosofia che ci vede uniti per il miglioramento del nostro territorio e quindi della qualità di vita dei nostri cittadini.

E proprio la presenza dell’agroforesta ulivetata, assieme alla macchia mediterranea, alle tantissime essenze vegetali autoctone, mediante una saggia azione di riforestazione garantirebbe ulteriormente la tenuta salubre di questi luoghi soprattutto per quel che concerne la qualità e la salubrità delle matrici biologiche aria, acqua, suolo e sottosuolo, poiché proprio la vegetazione funge da vero e proprio “filtro” catturando elementi nocivi presenti nell’ambiente e come un polmone verde rilasciando ossigeno depurato in atmosfera e ciò è cosa di non poco conto in un area, purtroppo già fortemente vessata dall’insorgere di malattie gravi e degenerative tra i cittadini, malattie per lo più legate a fattori di eccessiva pressione antropica e industriale insalubre, e proprio il ripristino ecologico tramite riforestazione e ripristino degli ecosistemi biologici naturali è fondamentale garanzia rivolta a ristabilire e riequilibrare le naturali dinamiche anche del delicatissimo ciclo dell’acqua poiché proprio le piante sono essenziali elementi climaregolatori e idroregolatori invertendo la pericolosa tendenza degli effetti degli attuali rischi di desertificazione d’attività antropica che impoveriscono i territori del loro patrimonio vegetale provocando la deriva di alterazione climatica.

La vasta piana attraversata dalla Strada Provinciale 367 diventa così il punto di vista privilegiato perché gli abitanti del Salento, ma anche tutti i turisti, dove possano, nel corso dei mesi a venire, avere una percezione anche diretta dei risultati cui porterà questa nostra riscoperta e nuova attenzione nei confronti del nostro territorio, diventando un vero e proprio balcone sul Salento e sulle sue bellezze rurali, naturali e paesistiche.

L’area in questione si tratta di un comprensorio dove tra uliveti, da cui il termine “levitu” che connota queste contrade, si alternano vaste distese oggi caratterizzate per lo più da pseudo-steppa e gariga, che hanno pur sempre la loro importanza dal punto di vista biologico, ma nelle quali si è sovrapposto nel corso del tempo un intervento umano, talvolta, eccessivo e disattento alle naturali inclinazioni vegetali e di habitat dei luoghi, che ha portato a una troppo frequente presenza degli incendi che hanno fiaccato la naturale tendenza del territorio nel ritorno nel verso della macchia mediterranea, (come anche interventi esagerati di cavatura ed estrazione mineraria, discariche abusive, impianti fotovoltaici fuori luogo in quei contesti agricoli ed altre infrastrutture oltremodo modificanti e lesive del territorio e del paesaggio non accompagnate da interventi di razionalizzazione ad esempio degli elettrodotti, etc.), tanto che per quel territorio qualcuno non esageratamente ha a volte parlato di “deserto salentino” proprio perché quasi fino all’orizzonte da alcuni punti di osservazione è possibile non osservare la presenza di alberi. Si tratta di un comprensorio dove già nel ‘900 erano stati proposti progetti mai attuati di vasto rimboschimento come quelli che fortunatamente interessarono le aree costiere delle Cesine, degli Alimini, come anche Porto Selvaggio, nell’entroterra la serra di Supersano e in ultimo Cannole nell’area divenuta oggi il parco di Torcito, interventi che furono realizzati con l’utilizzazione prioritaria di una pianta che si è rivelata estremamente adatta a tal fine e che, inoltre, attestata già nei secoli e millenni passati nel sud Italia e in Puglia, il pino d’Aleppo (Pinus alepensis) ma anche importante l’utilizzazione in quegli interventi di altri pini mediterranei come il pino marittimo (Pinus pinaster) e il pino domestico ad ombrello da pinoli (Pinus pinea). Importante esempio delle possibilità di miglioramento del paesaggio lo da proprio nel comprensorio in questione il piccolo, ma significativo progetto di rimboschimento con pini d’Aleppo attuato dal comune di Zollino in contrada Spalungano che rappresenta ad oggi l’unico boschetto che si può ammirare immediatamente nei pressi della strada SP 367 a scorrimento veloce, l’obiettivo è far sì che i luoghi che percorre tale strada siano tra i più belli, dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, del territorio salentino.

Accanto ai pini però gli interventi di rimboschimento per i quali favorire il massimo coinvolgimento dei privati che potrebbero impiantarli anche soltanto lungo i bordi delle loro proprietà deve vedere il ricorso massimo alla diffusione delle querce salentine ben adatte a quei territori come la roverella, il frango, la vallonea, il leccio, la quercia spinosa, la sughera, etc. come anche tutte le altre innumerevoli specie più adatte a questo nostro territorio.

E non si può non ricordare l’importante presenza nel territorio di Corigliano e Soleto dei pregiati tartufi di innumerevoli specie, in particolar modo ai piedi delle querce e delle conifere mediterranea quali il pino d’Aleppo. Un presidio nazionale per i tartufi che ha visto anche nei recenti anni passati lo sviluppo di importanti convegni in merito tenutisi nel castello di Corigliano d’Otranto alla presenza degli amministratori locali, come anche dei principali ricercatori e studiosi delle università pugliesi.

Gli interventi poi devono essere accompagnati accanto all’azione di riforestazione dalla valorizzazione dei prati rocciosi dove essere favorito il mantenimento della roccia affiorante, cui accompagnare progetti di ripopolamento dei tipici uccelli che caratterizzavano nel sud Europa questi ambienti di steppa mediterranea come la gallina prataiola (Otis petrax), (progetti di sua reintroduzione sono ora in corso nel Parco nazionale delle Murge), come anche della otarda maggiore (Otis tarda) da tempo scomparsa dal territorio salentino, ma in merito alla quale sono in corso importanti progetti di sua reintroduzione e ripopolamento in diversi altri paesi europei, un processo questo che si affianca a quelli già in corso volti alla tutela delle doline carsiche di questo comprensorio, quali Laccu de lu craparu, Laccu Feretru, aree umide stagionali dove gli studi dell’Università del Salento, DiSTeBa e Orto Botanico, hanno evidenziato la presenza di importanti rarità botaniche bisognose della massima tutela e tale aree sono state identificate quali SIC (Siti d’Interesse Comunitario).

Si supera così quindi il concetto dell’ “oasi naturale” dove, in territori fortemente antropizzati, si recintano aree più fortunate che sono state meno aggredite nel corso del tempo e si passa invece, ferma restando la tutela di quelle aree-oasi, ad un concetto di rigenerazione naturalistica di tutto il territorio dei comprensori in questione i punti oasi diventano così punti di riferimento e successiva emulazione – estensione delle buone pratiche e banche genetiche per le specie da riportare in tutto il territorio. Un territorio nel quale agricoltura e natura devono tornare a convivere insieme come in passato dove l’uliveto diventa parte fondamentale anche dell’ecosistema selvatico, un ulteriore motivo per il ritorno da un’agricoltura contaminata dall’agrochimica nel verso di un agricoltura biologica libera da pesticidi con grandi vantaggi anche per le proprietà salutistiche e alimentari dei prodotti della terra e per l’olio prodotto dalle nostre antiche cultivar, dove nei prati tornano a correre lepri (delle specie Lepus corsicanus. Lepus europaeus, conigli selvatici (Oryctolagus cuniculus), faggiani (Phasianus colchicus), etc. Non dimenticando che ancora nel secolo ‘800 il territorio salentino vedeva il pascolo di cervi, caprioli, daini, cinghiali e, probabilmente, ancora capre selvatiche, luogo di pascoli per gregge di ovini (tra cui la nostra tipica pecora moscia leccese, il nostro “muflone salentino”), mucche dell’antica razza podolica pugliese da cui si produce il pregiato caciocavallo podolico e altre specie domestiche e tipicamente pugliesi come il cavallo murgese e l’asino martinese tutta una ricchezza di fauna selvatica e domestica oggi praticamente scomparsa, grave è che oggi si possa percorre la strada a scorrimento veloce quasi senza vedere negli ubertosi pascoli presenti quei nostri caratteristici animali domestici, eccenzion fatta per pochi allevamenti relitti, una grande risorsa di paesaggio e di economia che con una buona amministrazione naturalistica del territorio deve essere recuperata, così come sarà necessario uscire dalla dimensione degradata della sola monocultura gli stessi uliveti, devono vedere praticate in essi altre anche intersecate colture come quella della vite che nelle nostra antiche cultivar deve assolutamente tornare a caratterizzare le nostre contrade, ancora oggi toponimi grichi, ad esempio, come ampeli (vigne) testimoniano l’estensione intensiva e capillare oltre che tipicizzata della viticultura oggi fiaccata da barbare politiche europee per lo svellimento dei vigneti.

Così come nel ripristino e restauro degli orti storici periurbani racchiusi da muretti a secco, tra i quali partivano e si intersecavano strade millenarie in paesaggi di pietra percorse sin dal tempo dei messapi, al cui interno, come scrigni, si custodivano le più straordinarie varietà di piante da frutto e da orto in armonia con quelli che erano i frutti spontanei della macchia mediterranea e piante spontanee tipiche dei territori oggi quasi del tutto scomparse e relegate in nicchie che rischiano un ingloriosa estinzione, alberi da frutto ingiustamente definiti “minori” che per secoli sono stati la colonna portante della sopravvivenza e salute delle nostre genti, così come le piante spontanee alimurgiche. Tra i frutti è da ricordare la mandorla, varietà “amara” e “dolce”, e i meravigliosi paesaggi di mandorleti ad esse legati, la mandorla base nutritiva e di gusto che caratterizza a pieno la cultura salentina con la famosissima e apprezzatissima produzione di “pasta reale”, la pasta di mandorle per secoli espressione di quella produzione alimentare custodita dai monasteri in particolare delle suore di clausura in questi luoghi presenti e attivi, così come alberi di fico di innumerevoli varietà locali e opunzia (fico d’india), e altri alberi da frutto, alberi di noce, alberi di pero, nespolo, gelsi, carrubo, giuggioli, pruni, meddhe, melo e perocotogno, corbezzoli, castagni, sorbi, ciliegi, melograni, etc.

Allo stesso modo pensiamo alla possibilità negli uliveti azotando anche il terreno le nostre, la pregiata produzione delle tipiche leguminose quali, e non solo, il famoso pisello nano di Zollino, veccia, fava etc. un territorio dove favorire nei seminativi la coltivazione delle graminacee le cultivar cerealicole della tradizione salentina e pugliese che si stanno recuperando in questi anni grazie a tante associazioni impegnate in questo. Per un intervento quindi amministrativo e privato volto a un restauro paesaggistico a 360° che faccia scuola anche, poi, per altri territori e che attraverso l’utilizzazione di una tavolozza ideale di colori costituita dagli elementi tipici del Genius Loci del territorio in questione ridipinga il paesaggio nel verso del pittoresco e dell’antico per una modernità consapevole incentrata sulla cultura, l’identità territoriale, la biodiversità e la salubrità dell’ambiente a 360° capace per tanto di produrre un nuova economia turistica e agricola nel verso dell’incentivazione di mille microproduzioni silvo-agro-pastoriali che si integrino fra loro e che producano come effetto collaterale proprio un miglioramento estetico naturalistico del paesaggio in cui anche si restaurano i muretti a secco, i trulli e gli antichi abituri a tegole e gli altri elementi della civiltà contadina e più antiche nel principio del “dove erano e come erano dove” si sposano con saggezza esigenze estetiche e esigenze di utilità-fruibilità, (come ad esempio la valutazione se è necessario asfaltare un vecchio tratturo o mantenerlo in sterrato, ad esempio, dove si interviene per una razionalizzazione delle linee di elettrificazione e dei pali annessi che squalificano il contesto naturale e rurale), una diminuzione dell’inquinamento luminoso includendo aree periferiche e rurali al fine di permettere il maggiore godimento del firmamento Patrimonio dell’Umanità tutto, per altro da accompagnare da attività culturale rivolta a scuole e cittadini per impossessarsi in maniera dignitosa della propria cultura e identità per epurare la mente da pregiudizi inculcati da sottoculture striscianti e che hanno portato ad una sottovalutazione della cultura del sud Italia che è stata invece culla di civiltà a partire da epoca messapico-magno greca e persino precedente come in tutta l’età medievale che ha visto i nostri territori intrisi non solo di cultura latina, ma anche di cultura greco-bizantina una riappropriazione che deve passare anche dallo stesso gusto dei nostri cibi tipici contro assurde campagne pubblicitarie che hanno portato ad esempio a presentare il vino o l’olio prodotto in altri territori come migliore dal punto di vista gustativo favorendo così anche tendenze all’abbandono-sostituzione o delle nostre più tipiche cultivar quando persino autorevoli e numerosi studi scientifici dimostrano essere il vino e l’olio salentino molto superiore dal punto di vista salutistico e per proprietà organolettiche eleggendo il Salento come se ve ne fosse bisogno territorio culla della dieta mediterranea proclamata dall’Unesco Patrimonio Immateriale dell’Umanità.

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